giovedì 1 maggio 2008

rappresentanza e governabilità

Abbiamo assistito al consumarsi di una campagna elettorale giocata sul dualismo tra rappresentanza e governabilità.
Negli anni passati queste due categorie avevano grandi punti di contatto, ma la logica del voto utile ha distrutto questo rapporto. Il voto, per decenni, ha rispecchiato oltre che interessi più o meno personali, anche identità valoriali sul modello di società. L'attivazione di forme di rispecchiamento è stato per decenni tra i motivi del desiderio di essere governati dalla forza politica che più dimostrava una vicinanza ai personali ideali di riferimento. Il voto utile, dicevo, ha spezzato questo circuito virtuoso, diventando un voto prevalentemente funzionale. Un voto ricattatorio, che doveva servire ad acquisire potere contro qualcuno, a favore di qualcun altro, per il principio della governabilità che, così declinato, diventa un principio assoluto.
La logica del voto utile ha prefigurato una governabilità nel segno dell'opposizione alla rappresentanza: semplificazione del quadro politico e riduzione della rappresentanza delle forze parlamentari. Questo non solo svuota definitivamente di significato l'espressione di voto, ma lo relega nell'ambito di un modo di concepire la politica come la gestione di una serie di "casting": ci sono le elezioni? bene, vengano candidati non i più meritevoli, i più capaci, i più politici, ma quelli che fanno più audience, come si è già visto in questa occasione.
Il pd punta alla governabilità, i socialisti - o meglio, il socialismo - è più orientato alla rappresentanza. La condivisione oltre che della strumentalità del voto anche della valorialità del voto fa recuperare credibilità alla politica intera, cioè sia alla sua funzione di gestione che di mediazione. Permette inoltre di interrogarsi sul fatto che il pd non rappresenti e non possa rappresentare tutte le pieghe di questa società complessa e articolata e che sia possibile uno spazio di agibilità politica, anche al di fuori del bipolarismo trasformato in bipartitismo. A questo punto diventano importanti i contenuti di questa agibilità. Molto importanti. La chiamata a raccolta delle cosiddette forze della sinistra - io preferirei chiamarle progressiste, laiche, moderne - deve essere fatta sulla base di segnali e scelte connotati nel senso del coraggio del cambiamento. Non basta cambiare un'intera classe dirigente. Ma va fatto subito e a qualunque livello. Perchè devono essere attivate tutte quelle forze giovani - e non mi riferisco solo al dato generazionale e di genere - e fresche che non sono state in grado di esprimersi e di esprimere probabilmente una maggiore capacità di risposta e una più strutturata ed efficace volontà di offerta politica. Non si tratta perciò di resa dei conti nei confronti di dirigenti spesso incapaci o in malafede, ma di verifica necessaria e urgente del reale spessore e della dimensione di quella riforma istituzionale che gli elettori sono stati messi nelle condizioni di scegliere "coattivamente". Date le condizioni di partenza, il voto socialista si è definito come un voto "colto", cioè davvero frutto di una scelta non omologata; coerentemente i socialisti dovrebbero essere il volano di questa riaggregazione e di questa verifica, ma non possono esserlo se non attivano esplicite, condivise e riconoscibili azioni di cambiamento, programmaticamente.
Coraggio ed elaborazione potrebbero farci approdare alla costituzione di quella forza per la quale noi abbiamo lottato nel pieno dell'ondata utile...

lunedì 28 aprile 2008

partito democratico: non corrono da soli, sono rimasti soli

mentre si consuma l'ultima sconfitta elettorale dell'era veltroniana, i sinceri democratici di questo paese e di questa città devono anche subire la lezione dell'on. nania sul socialismo. già, è un ex fascista che ci deve raccontare che il problema della sinistra è stato quello del terremoto causato dal pd che ha la responsabilità di aver distrutto la sinistra. perchè - dice nania - si può anche distruggere una sinistra, ma ponendosi chiaramente dal punto di vista del socialismo democratico e non negando la propria identità ed evitando di chiarirne la natura. e poi giù almeno cinque minuti di analisi corretta e puntuale sull'importanza del ruolo del socialismo italiano per una vera dialettica politica. consiglio a molti esponenti del pd di ascoltare questa analisi - e in realtà molte altre analisi provenienti da varie parti della sinistra, prima e dopo le elezioni - e di riflettere, prima di continuare caparbiamente sulla strada intrapresa, così nettamente arrogante ed autoreferenziale. invece di impegnarsi ad innalzare tutti i quorum innalzabili per abbassare la dialettica democratica di questo paese, secondo la logica o con noi o contro di noi, i cosiddetti democratici farebbero bene ad aprire un dialogo interno ed esterno ed evitare l'unico errore possibile, cioè arroccarsi sulle proprie posizioni e sulle proprie poltrone.