martedì 21 luglio 2009

...e ne ho tratto un articolo che ha girato un po': SeL o del progressismo umanista

Come spesso accade nelle fasi di fondazione o di ri-fondazione, i progetti, anche se nascono in un contesto ridotto, assumono su di sé grandi ambizioni. Il caso di SeL non fa eccezione: si avverte non solo l'esigenza di costruire un partito, bensì l'intero àmbito della sinistra, con tutto il suo corredo di valori e di strutture organizzative. Da qui la nota "querelle politicista", relativa al “partito si”, i cui sostenitori sono prevalentemente preoccupati di non disperdere il voto espresso da un milione circa di italiani, / “partito no”, costituito dai più cauti e soprattutto da quelli che un partito già ce l’hanno e hanno pensato di aderire principalmente ad un progetto e sono più orientati, per il momento, alla federazione.
Rebus sic stantibus, queste due posizioni, che appaiono così distanti, hanno in realtà un elemento in comune: una sostanziale disattenzione nei confronti dei contenuti, tutte concentrate come sono sulla difesa dei propri apparati, sulla difesa dei propri metodi di costruzione di apparati; fattore che rivela la solita modalità ottocentesca di fare politica, un interesse tutto rivolto al proprio ombelico e una sostanziale posizione conservatrice.
Io invece sono progressista. Ero progressista quando a 21 anni ho votato per la prima volta a favore del referendum sull'aborto; sono stata molto progressista qualche anno fa quando ho partecipato all'elaborazione dei temi della Rosa nel Pugno e alla declinazione nella pratica politica di tutto quel progetto che ha dettato l'agenda di quella stagione. Sono stata molto progressista con tutti quei socialisti italiani, che sono ormai da tempo tra le pochissime forze che in Italia si fanno baluardo di una laicità intesa sia come proposta di contenuti - che da quel momento in poi sono stati definitivamente acquisiti dal dibattito politico italiano - sia come acquisizione di un metodo, di una “lente” attraverso la quale leggere la società italiana ed europea.
SeL ha dunque un compito analogo: proporre un'idea di società e avviare una concreta azione politica. Secondo un metodo "corsaro" sostengono alcuni: incursioni rapide sui temi dell'attualità con una chiara ed intellegibile presa di posizione. Questo procedimento “random”, però, almeno in questa fase, non è organico né alla definizione di uno stile - si riuscirebbe solo a diventare la brutta copia di Di Pietro, che è tutto dire... – né alla definizione di un’identità chiara, con la quale gli elettori di un partito hanno sempre bisogno di entrare in relazione e che “serve” per mantenere sempre vivo il senso di appartenenza.
Dunque, per attivare la dimensione della referenza col proprio elettorato, SeL dovrebbe partire dalla elaborazione delle forme di attuazione dell'art.49 della Costituzione repubblicana, che così recita: “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Riorientare nella pratica politica l’art. 49 darebbe sostanza di significato alle ragioni di quelli del partito-si-qui-ora-e-subito, perché li metterebbe di fronte alla concretezza di individuare le forme di questo partito: quali le regole, quale il sentire condiviso, piuttosto che l’adesione passiva (e forse interessata) a un qualche noto pacchetto pre-confezionato di metodi e strutture. Inoltre permetterebbe a tutti incursioni sulla pratica democratica così come si declina oggi in Italia, dal funzionamento interno dei partiti, ai criteri di selezione della classe dirigente, al tema elettorale delle preferenze, giù giù fino al pacchetto-sicurezza, all'immigrazione e alla dimensione di cittadinanza. Insomma assumere questo tema come centrale per la propria battaglia politica, significherebbe individuare una cornice, credibile ed importante, nella quale inscrivere tutte le questioni di strettissima attualità alle quali mi sono riferita e anche altre, che hanno come denominatore comune la costruzione di una nuova pratica democratica, rendendo chiaro agli elettori lo stile e l’identità di questa nuova formazione.
Significherebbe rappresentare la narrazione di un'idea di società. «Berlusconi ha vinto prima di tutto nella dimensione onirica», dice Vendola. E’ parzialmente vero. E' stato capace anche di entrare nei "sogni" degli italiani, tramite la costruzione di un frame narrativo che va dall' "unto del signore" al "presidente operaio". Oggi alla sinistra manca proprio questo: la costruzione di una cornice narrativa comprensibile e interessante per gli elettori che, partendo dalle modalità di attuazione della democrazia oggi in Italia, può inscriversi a buon diritto in quel "progressismo umanista" che mette al centro della propria attenzione non il "singolo individuo", non la "gente", ma la "persona in relazione”, insomma il “cittadino”.
Avere nel proprio simbolo le parole "sinistra" e "libertà" non emancipa dalla necessità di declinare a livello di progetto politico questi termini. Anzi. Prevede una maggiore assunzione di responsabilità, visto che sono parole che pesano, cariche di significato e di pregnanza politica ed etica come sono. Bisogna dire e raccontare cosa significa oggi, per l'Uomo del Duemila, "sinistra" e "libertà". Quando si farà, si sarà proposta un'idea di società e con questa e con le sue concrete pratiche democratiche si potrà andare davanti agli elettori e chiedere loro il voto.

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