lunedì 11 maggio 2009

Sulla comunicazione politica e dintorni (3)

3)- Facciamo invece un ragionamento molto critico - declinandolo eventualmente anche come tema di campagna elettorale - nei confronti di quell'assurdo manifesto pubblicitario del PD, segno inequivocabile dell'ineffabile spocchia radical-chic dei cosiddetti democratici.
Proviamo ad analizzarlo. Fondo bianco, che fa chiarezza, sul quale è rappresentata una piccola, dico piccola folla di cittadini (uomini e donne di tutte le età) che spingono a fatica, con molta fatica, fuori dal limite del cartellone, parole negative come "povertà" e "disoccupazione", che non si leggono integralmente o tirano dentro l'area del cartellone parole positive come "futuro". Sotto l'immagine, uno slogan: più forti noi, più forti voi.
Possibile decodifica: c'è uno sparuto gruppetto di persone, non molte (quindi poche, quindi la solita elite. Il messaggio è già elitario, teso a circoscrivere l'elettorato del PD, attivando un possibile rispecchiamento tra il partito e il suo elettore e contribuendo così a definirne la fisionomia) che spinge con molta fatica (loro spingono, a fatica, tanta fatica) un messaggio molto poco chiaro. Si tratta innanzitutto della personificazione di parole - concetto di per sè già molto difficile da tematizzare - le quali rimandano a valori generali - e anche questo è complicato - ma che soprattutto non si leggono integralmente, che rappresenta un ulteriore fattore di complicazione e di "selezione" tra gli elettori. Ma lo slogan contraddice il messaggio dell'immagine, esplicitando una "distanza" anche tra il partito e il suo elettorato: quell'insistere tra "noi" e "voi" segnala, semioticamente, quel debrayage, quella distanza tra chi pronuncia l'enunciazione (cioè tra l'elite del partito che attua il discorso politico implicito nel cartellone pubblicitario, i "noi") e chi la riceve (evidentemente i "voi", rappresentati da quei pochi poveracci che "spingono" per il miglioramento della società e ai quali è anche visivamente demandato tutto lo sforzo che questo obiettivo implica).
Vendola fa bene a tener d'occhio, come ha dichiarato, l'evoluzione del PD. Evidentemente però il PD, per diventare davvero un interlocutore credibile, non solo deve liberarsi dal suo fardello clericale, ma essere disponibile ad un percorso politico ed etico che lo maturi nella direzione dell'approdo ad una inequivocabile sponda di laicità.
P.S.: consiglio gratuito al PD per un'alternativa di messaggio pubblicitario. Fondo bianco, grande scritta rossa centrale: SCUSATE. In verde, sopra, più piccolo: Rivolto a tutti gli italiani. In verde, sotto alla parola scusate: RICOMINCIAMO DA CAPO.

Sulla comunicazione politica e dintorni (2)

2)- Attenzione a non liquidare lo slogan del "voto utile" come un retaggio veltroniano e perciò stesso perdente. Il concetto di "utile" ha un appeal cognitvo e concettuale molto forte. Concettualmente, l'idea di utilità è molto "politica", soprattutto in questa epoca cosiddetta post-ideologica, dove il pragmatismo dei programmi ha scalzato senza appello la teoria delle ideologie; inoltre, l' "utile", nella tradizione italiana, viene da lontano (Orazio, Ars Poetica, 343: "omne tulit punctum qui miscuit utile dulci"- "raggiunge in pieno lo scopo chi unisce l'utile al dolce") e soprattutto è svincolato dall'idea di un becero utilitarismo, per essere collegato invece al "dolce". Cognitivamente quindi il richiamo al “voto utile” risente di questa felice connessione semantica originaria tra le categorie dell’ “utile” e del “giovamento” e quella della “piacevolezza”, secondo la definizione di un’endiadi, paradigmatica del rapporto tra l’elettore e il suo leader.
Certamente il riferimento al voto utile è segno di una mancanza di idee da parte di Franceschini e del suo ideale collegamento alla politica di Veltroni, ma il potre dello slogan non è messo in discussione.

Sulla comuniazione politica e dintorni (1)

1)- Nicki Vendola cerca un lessico nuovo. Mi compiaccio. Era ora che comparisse un leader politico che non si vergogna di accedere ad un discorso politico evidentemente più sofisticato del becero populismo utilizzato dai più, anche a sinistra e che non ammicca al facile pragmatismo imperante di questa odierna politica "del fare", che evidentemente è opposta alla politica "del prima pensare e poi fare".
Chi parla bene pensa bene. E chi ben inizia è già a metà dell'opera...allora cominciamo ad abbandonare la parola "sinistra" a favore della parola "progressismo", più inclusiva e più europea. Abbandoniamo anche questa suicida gara per la riappropriazione della parola "libertà", restituendola al patrimonio collettivo di una democrazia avanzata ed adulta, evitando così di farne un tecnicismo del lessico politico, in questo senso ormai di altri; Lakoff ci insegna di "non pensare all'elefante". Ha ragione e quindi non ci pensiamo. Anche perchè gli italiani non stanno tutti i giorni a ragionare sullo spessore semantico della parola "libertà" e ad arrovellarsi su "a chi appartiene". La riflessione politica metalinguistica che Vendola ha avviato non può essere contenuto, oggetto di comunicazione politica, ma strumento a priori di forme di comunicazione more impressive. Quindi invece di "sinistra e libertà", meglio "italiani progressiti", sigla nella quale vengono direttamente chiamati in causa i destinatari del messaggio, senza creazione di frame allusivi come "partito"(democratico), "casa" (delle libertà), "Italia" (dei valori) o, ancor peggio, "rifondazione" (di che? di un ideale del Novecento...figuriamoci) o "lista anticapistalista" (facciamo un sondaggio e verifichiamo quanti italiani conoscono il significato della parola "capitalismo"). Questo significa smetterla di parlare al proprio ombelico ed aprirsi alla nazione, parlare a tutti, nessuno escluso (che è il motivo per cui si fa politica, altrimenti ci si rivolga all'associazionismo), attivando, con due sole parole, meccanismi di avvicinamento - semioticamente, "embrayage attanziale" - a tutto l'elettorato, in modo trasversale, escludendo evidentemente i soli conservatori, di cui peraltro la cosiddetta sinistra è piena.... (Già, anche perchè anch'io mi pongo l'obiettivo del 51%. E spero anche Vendola, quando parla della creazione di un partito nuovo). Il recente esempio di Fini dovrebbe far capire a tutti che questa ricerca del "nuovo linguaggio" è la frontiera attuale dell'accreditamento politico. Noi "di sinistra", evidentemente, possediamo il lessico della laicità e quindi i temi della bioetica, dei diritti civili, del mainstreaming e della "cultura", intesa nei termini più avanzati, europei, della battaglia per la lifelong learning, per la scuola pubblica, per la ricerca scientifica, per lo svilppo e la tutela dei beni e dei servizi sociali e culturali, delle strategie per la tutela dell'ambiente e per lo sviluppo dell'energia alternativa e sostenibile.