venerdì 28 maggio 2010

Tra economia e politica vince il socialismo dei cittadini

Il rapporto tra economia e politica sta intercettando temi di stretta attualità, a metà tra la cronaca giudiziaria e quella politica. Questo rapporto è intenso ed ineludibile perché politica ed economia esprimono due interessi forti: la politica interpreta l'economia secondo il modello per il quale il fine è politico e il mezzo è economico; l'economia a sua volta punta ad influenzare con i suoi mezzi le decisioni che i vertici politici assumono. In mezzo, diciamo così, c'è la forza del denaro che in molte occasioni si trasforma in un sistema affaristico che costituisce una micidiale occasione per aggredire la moralità pubblica. Gli esempi antichi e recenti non mancano di pratiche che incidono pesantemente sui comportamenti pubblici e che mettono in discussione la tenuta morale complessiva della classe dirigente e di gran parte del "sistema paese".
Un socialismo moderno e avanzato rappresenta una valida risposta alla domanda di ripristino del senso della responsabilità pubblica, cioè di quel messaggio che deve arrivare ai cittadini che la politica non è il luogo privilegiato della furba truffaldineria egoistica di alcuni, bensì il luogo della speranza, dell'utopia, del cambiamento.
Perché ciò accada, un moderno partito socialista deve mettere al centro della sua azione un cittadino esperto dei suoi diritti e consapevole dei suoi doveri. Deve essere in grado cioè di coniugare giustizia sociale e diritti individuali, interesse collettivo e azione di lobbyng; deve promuovere il protagonismo di un cittadino attivo, di una società dinamica e regolata, secondo un sistema che non stritoli, nel nome spesso di un ipocrita e fumoso interesse generale, le legittime aspettative individuali, legate al merito e alla qualità. Un merito e una qualità misurabili, che si poggino su un criterio di giustizia che non discrimini per censo o per appartenenza sociale e che per questo siano concretamente attuabili in un sistema di regole condiviso, in grado di attivare modelli di rispecchiamento e pratiche di partecipazione.
C'è bisogno però di ripristinare, come si diceva, il senso della responsabilità pubblica.
Intanto, lo si può fare in modo indolore, partendo dalle classi dirigenti e dai suoi criteri di selezione, regolamentando i partiti in statuti e accentuando la natura pubblica e collettiva di questi organismi, a scapito di una visione proprietaria e personalistica. Trasformando cioè i partiti in organismi democratici: basta semplicemente dare attuazione all'art. 49 della Costituzione.
Così come per una società che non vada più "a due velocità" e che invece tutta unita si diriga verso un futuro condiviso, il nuovo socialismo dovrà intensificare la promozione di provvedimenti in favore della parità di genere. Assumendo i temi della procreazione come valore collettivo e non come fatto privato delle donne, il mainstreaming esclude l'adozione di iniziative specificatamente rivolte alle donne attraverso politiche protezionistiche, ma stimola la mobilitazione di tutte le politiche e di tutte le misure generali, facendo assumere alla società nel suo insieme una specie di "punto di vista di genere", sia per programmare l'accesso alle risorse, che per regolare i tempi di vita e di lavoro.
Inoltre, l'attualità ci mette quotidianamente di fronte a situazioni per cui i limiti nazionali vengono messi in discussione, sia che si tratti della sovranità nazionale - come nel caso della Grecia - sia che si tratti dei diritti fondamentali della persona, sanciti appunto a livello europeo e mondiale. In questo contesto globalizzato, solo un approccio laico può garantire libertà di coscienza, di conoscenza, di credenza, di critica. E occuparsene - cioè acquisire la laicità come pratica e come punto di vista - significa occuparsi della fisionomia che la democrazia può assumere nel nostro Paese. Solo una Nazione laica, con istituzioni indipendenti, neutrali, equidistanti, che si oppone al dogmatismo e al fondamentalismo in qualsiasi ambito essi si manifestino, può garantire parità di trattamento, lotta a qualsiasi forma di privilegio, tutela delle minoranze, fissazione dei limiti giuridici a qualsiasi forma di potere.
E, quindi, in concreto, può garantire l'attuazione di politiche che siano di integrazione e non di tolleranza nei confronti degli immigrati; può permettere di riconsiderare il rapporto tra "pubblico" e "privato" alla luce del progresso scientifico e tecnologico che ha trasformato la naturalità degli eventi in fattori di scelta autonoma e personale: gli argomenti della vita, della morte e della sessualità diventano sempre di più scelte etiche con rilevanza sociale, piuttosto che opzioni individuali sottoposte solo al giudizio delle coscienze e al monopolio etico delle religioni.
Ed infine, un socialismo moderno, ponendo la laicità come prospettiva di metodo, può ispirare positivamente assetti sociali che guardino al welfare e alle politiche del lavoro in modo avanzato. Può ispirare un “welfare positivo” - che si avvale di sistemi socio-tecnologici integrati per mirare l’intervento alle persone - e offrire valide garanzie per tutelare il lavoro, oltre che il posto di lavoro, attivando politiche che favoriscano le "seconde chances", grazie alla valorizzazione della qualità e delle risorse del capitale umano, delle possibilità di un cittadino colto, informato, consapevole. Per questo un socialismo moderno deve mettere al primo posto l'appoggio alla ricerca, al primo posto un'autentica riforma della scuola e dell'università, che non sia questo freddo riordino amministrativo che ci hanno spacciato come riforma.
L’«iniezione di fiducia ai mercati», attuata con misure estreme in vasti settori produttivi, avrebbe potuto avere caratteri diversi se si fosse privilegiata l’economia, che si basa sulle persone, piuttosto che la finanza, che prescinde dalle persone. Un socialismo moderno e razionale non può nemmeno ipotizzare di avallare un modello di sviluppo economico che non tenga conto delle persone e che non sia inquadrato in un modello di sviluppo sociale, che al centro ponga il benessere e la tranquillità di un cittadino arbitro di se stesso e artefice della società di cui può e deve essere protagonista.

domenica 23 maggio 2010

Discorso alla Femip: il "Socialismo della Ragione" prende corpo

L'incontro di oggi, centrato sul rapporto tra politica ed economia, giunge quanto mai opportuno: oltre a rappresentare un'occasione di confronto, intercetta ahimè temi a metà tra l'attualità politica e la cronaca giudiziaria.
Il rapporto tra politica ed economia, i due pilastri sui quali si regge la società, è intenso ed ineludibile. Politica ed economia esprimono due interessi forti: la politica interpreta l'economia secondo il modello per il quale il fine è politico e il mezzo è economico; l'economia a sua volta punta ad influenzare con i suoi mezzi le decisioni che i vertici politici assumono. In mezzo, diciamo così, c'è la forza del denaro che in molte occasioni si trasforma in un sistema affaristico che costituisce una micidiale occasione per aggredire la moralità pubblica. Gli esempi antichi e recenti non mancano e si tratta di pratiche che incidono pesantemente sui comportamenti pubblici e che mettono in discussione la tenuta morale complessiva della classe dirigente e di gran parte del "sistema paese".
Questa riflessione, dicevo, al di là del dato tecnico, che mi sono permessa di riassumere in parole così povere - e gli economisti presenti perdoneranno questa estrema semplificazione - si carica di una valenza fortemente politica proprio per la sede nella quale questa oggi si esprime. Come vedete tutti, ci troviamo in un contesto che vede riuniti insieme più generazioni di socialisti: e questo mi suggerisce un ideale "passaggio di testimone" che rende, a miei occhi e spero anche ai vostri, molto interessante parlare in questa assise di socialismo.
E' interessante perchè un socialismo moderno e avanzato rappresenta sicuramente una valida risposta alla domanda di ripristino del senso della responsabilità pubblica, cioè di quel messaggio che deve arrivare ai cittadini, che la politica non è il luogo privilegiato della furba truffaldineria egoistica di pochi, bensì il luogo della speranza, dell'utopia, del cambiamento.
Sicuramente un moderno partito socialista - orientativamente quello che Zapatero in Spagna ha chiamato "il socialismo dei cittadini", che in Italia è stato ribattezzato da alcuni come il "socialismo gentile" - mette al centro della sua azione un cittadino esperto dei suoi diritti e consapevole dei suoi doveri. E' in grado cioè di coniugare giustizia sociale e diritti individuali, interesse collettivo e azione di singoli soggetti del pluralismo che, con una buona e regolamentata azione di lobbyng, possano partecipare in modo trasparente ed influente al processo di elaborazione e adozione di politiche pubbliche. E' un partito che promuove il protagonismo di un cittadino attivo di una società dinamica e regolata, secondo un sistema che non stritoli, nel nome spesso di un ipocrita e fumoso interesse generale, le legittime aspettative individuali, legate al merito e alla qualità. Un merito e una qualità misurabili, che si poggino su un criterio di giustizia che non discrimini per censo o per appartenenza sociale e che per questo siano concretamente attuabili in un sistema di regole condiviso, in grado di attivare modelli di rispecchiamento e pratiche di partecipazione.
Per attuare questo programma generale c'è però bisogno di ripristinare, come si diceva, il senso della responsabilità pubblica e lo si può fare intanto, in modo indolore, partendo dalle classi dirigenti, partendo dai criteri di selezione della classe dirigente, cioè dalla regolamentazione in statuti dei partiti che ancora oggi la selezionano. Trasformare i partiti in organismi democratici lo si può fare senza rivoluzioni, senza aggravio di costi, senza stravolgere leggi o approvarne di nuove: basta semplicemente dare attuazione all'art. 49 della Costituzione. Va da sè che questo processo di democratizzazione va nella direzione dell'eliminazione di partiti proprietari e della loro gestione personalistica, in favore della natura pubblica e collettiva di questi organismi.
Così come per una società che non vada più "a due velocità" e che invece tutta unita si diriga verso un futuro condiviso, il nuovo socialismo dovrà intensificare la promozione di provvedimenti di mainstreaming in favore della parità di genere, che escludono l'adozione di iniziative specificatamente rivolte alle donne e mobilitano invece tutte le politiche e tutte le misure generali. Una specie di adozione di "punto di vista di genere" - e a questo proposito sarebbe necessaria una legge che rendesse obbligatoria la valutazione dell'impatto di genere - di cui tener conto sia per programmare l'accesso alle risorse che per regolare i tempi di vita e di lavoro, che si occupi dal recupero delle aree urbane alla responsabilità sociale di impresa. L'adozione di questa prospettiva di genere permetterebbe ad un tempo il superamento di politiche protezionistiche e lo sviluppo di una società armonica, che comprenda come suo valore l'assunzione di responsabilità sociale il tema della procreazione che non verrebbe più relegata ai destini individuali, ma adottata da tutta la società, in quanto "i figli" non verrebbero più considerati un affare personale delle donne - che quindi se lo devono risolvere da sole - ma un bene e un valore dell'intera comunità.
Inoltre, l'attualità ci mette quotidianamente di fronte a situazioni per cui i limiti nazionali vengono messi in discussione, sia che si tratti della sovranità nazionale - come nel caso della Grecia - sia che si tratti dei diritti fondamentali della persona, sanciti appunto a livello europeo e mondiale. In questo contesto globalizzato, solo un approccio laico può garantire libertà di coscienza, di conoscenza, di credenza, di critica. E occuparsene - cioè acquisire la laicità come pratica e come punto di vista - significa occuparsi della fisionomia che la democrazia può assumere nel nostro Paese. Solo una Nazione laica, neutrale, equidistante, con istituzioni indipendenti, che si oppone al dogmatismo e al fondamentalismo in qualsiasi ambito essi si manifestino - dalla politica, alla scienza, alla scuola, alla religione - può garantire parità di trattamento, lotta a qualsiasi forma di privilegio, tutela delle minoranze, fissazione dei limiti giuridici a qualsiasi forma di potere.
E, quindi, in concreto, l'attuazione di politiche che siano di integrazione e non di tolleranza nei confronti degli immigrati, ad esempio; può permettere di riconsiderare il rapporto tra "pubblico" e "privato" alla luce del progresso scientifico e tecnologico che ha trasformato la naturalità degli eventi in fattori di scelta autonoma e personale: gli argomenti della vita, della morte e della sessualità diventano sempre di più scelte etiche con rilevanza sociale, piuttosto che opzioni individuali sottoposte solo al giudizio delle coscienze e al monopolio etico delle religioni.
Ed infine, un socialismo moderno, ponendo la laicità come prospettiva di metodo, può ispirare positivamente assetti sociali che guardino al cosiddetto "welfare positivo", che non solo è "a pioggia", ma si avvale di sistemi socio-tecnologici integrati, che aiutano ad individualizzare l'intervento, a finalizzarlo alle singole persone; che guardino ai temi del lavoro, garantendo il lavoro, oltre che il posto di lavoro, secondo una politica che favorisca le "seconde chances", valorizzando insomma al massimo la qualità e le risorse del capitale umano, le possibilità di un cittadino colto, informato, consapevole. Per questo un socialismo moderno deve mettere al primo posto l'appoggio alla ricerca, al primo posto un'autentica riforma della scuola e dell'università, che non sia questo freddo riordino amministrativo che ci hanno spacciato come riforma, ma che manca del presupposto fondamentale per definirsi tale: un'idea di sè, un'idea di futuro per le nostre giovani generazioni.
Insomma, per tornare infine all'inizio: la finanza prescinde dalle persone, l'economia è basata sulle persone. I socialisti non possono nemmeno ipotizzare di avallare un modello di sviluppo economico che non tenga conto delle persone e che non sia inquadrato in un modello di sviluppo sociale che al centro ponga il benessere e la tranquillità dei cittadini.
Io sono sicura che questo socialismo moderno e razionale voglia promuovere un cittadino arbitro di se stesso e artefice della società di cui è protagonista. Si tratta di attivare un percorso: noi socialisti veniamo da lontano e vogliamo andare lontano. Io, per mio conto, spero di condividerlo con voi questo percorso.