giovedì 10 giugno 2010

E' tempo di donne

Il dibattito congressuale di un partito socialista, laico e progressista non può prescindere dalla riflessione specifica e dall'assunzione programmatica di un impegno inderogabile nei confronti dei temi della parità di genere. Tra i quali, a giudizio dell’ISTAT, ce n’è uno particolarmente urgente: quello del lavoro.
Nel 2009 il tasso di occupazione femminile in Italia si è attestato al 46,1%, a fronte di quello maschile che è del 67,6%. In numeri assoluti, dunque, gli uomini occupati sono 13 milioni e 613 mila, mentre le donne 9 milioni e 218 mila, cifre ben distanti da quel 60%, entro il 2010, che era l'obbiettivo comunitario, stabilito dalla strategia di Lisbona. In particolare, il numero di donne occupate nel sud è pari al 30,6%, dove peraltro il divario occupazionale tra i generi aumenta, e il numero delle donne inattive - cioè che non studiano e non lavorano in un'età compresa fra i 15 e i 64 anni - è di 9 milioni e 679 mila, pari al 45,8%, come media nazionale. Dati perfettamente congruenti con quelli OCSE, che vedono l'Italia ben al di sotto del 50% di occupazione femminile, meglio solo di Turchia e Messico, e ancora molto lontana dalla media europea che è del 62%.
D’altronde, già nel 2008, uno studio italiano sulla questione aveva confermato questa come l’emergenza fra tutti i temi legati al genere: «Da anni l'Italia cresce poco o nulla. Cresce poco dal punto di vista economico e cresce ancora meno dal punto di vista demografico (soprattutto se escludiamo l'immigrazione). I due fenomeni sono già adesso collegati. Ma lo saranno ancora di più in futuro: una società "vecchia" non ha i muscoli per correre, per tenere il passo con società più giovani e dinamiche. Al fine di rilanciare la crescita dell'Italia si possono e si devono fare molte cose: liberalizzazioni, mercati più efficienti, un fisco più leggero per imprese e lavoratori, più incentivi per ricerca e innovazione, più sostegno per i figli e così via. Ma c'è una cosa forse più importante e più urgente su cui puntare: il lavoro delle donne. Per far ripartire l'Italia, si deve "far largo alle donne", dare più spazio alle loro aspirazioni, ai loro talenti, ai loro bisogni. Senza le donne l'Italia non può tornare a crescere, soprattutto a crescere bene». Così Maurizio Ferrera, docente di Teoria e politiche dello stato sociale all'Università di Milano, nel suo libro "Il fattore D".
Affermare la necessità di riequilibrare con urgenza l'occupazione femminile non coincide solo con l'affermazione di un principio di equità e giustizia, bensì anche con una valutazione più squisitamente economica, che investe il rilancio dell'intera nazione.
Il primo aspetto - l'equità e la giustizia - è garantito e tutelato dalla Costituzione Italiana, nell'art. 37: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale, adeguata protezione». Articolo che non solo sancisce l'uguaglianza dei diritti tra uomo e donna - «senza distinzione di sesso», come sottolinea già l'art.3 - ma stabilisce anche la parità delle condizioni di accesso alle opportunità e di trattamento, nonché la funzione sociale della maternità.
Il secondo aspetto, cioè quello più prettamente economico, che vede nel rilancio dell’occupazione femminile un volano per la crescita dell’intera società, viene confermato invece dall’osservazione dell’esperienza di molte società europee: dall’Olanda alla Svezia, dalla Gran Bretagna alla Francia.
L’esperienza europea ci conferma che inserire più donne nel mercato del lavoro ha coinciso con un aumento dei servizi alle famiglie e dei servizi in generale, cioè con un’espansione del terziario avanzato o, con altra espressione, dell’artigianato terziario; l’esperienza americana ed europea, francese in particolare, ci conferma inoltre che abbattere il “soffitto di cristallo” ha significato non solo l’emersione di talenti “rosa”, che hanno prodotto risultati positivi rispetto a numerosi indicatori di performances aziendali, ma anche un considerevole aumento dell’attrazione di consumi femminili. Insomma, guardando all’esperienza dei paesi anglosassoni, di quelli del nord Europa, e della Francia in particolare, emerge che favorire l’immissione delle donne nel mercato, a tutti i livelli, provoca una serie di circoli virtuosi che generano più crescita e più benessere. Inoltre, secondo la “Womenomics” - cioè il recente orientamento strutturale delle società occidentali avanzate, come quella statunitense e nipponica, che promuove un’agenda di trasformazioni economiche, sociali e culturali per specifiche misure a favore del protagonismo femminile nell’economia, ai fini del conseguimento di alti livelli di sviluppo e prosperità dell’intera società - l’occupazione femminile fa bene alla crescita, rende le donne più soddisfatte e le famiglie più stabili. Ciò implica che, con lo sviluppo dei servizi alla persona e alla famiglia, anche il tasso di natalità aumenta, come dimostrano indagini empiriche condotte in società europee come la Francia. Ne consegue che l ’Italia, con il suo livello di disoccupazione femminile, soprattutto nel sud, è detentrice di un enorme serbatoio di sviluppo e, quindi, di un grande potenziale di crescita demografico ed economico, nonché sociale e culturale.
Un partito che si definisce progressista e laico, non può che essere orientato alla modernità e a favorire tutte le dinamiche e i circuiti virtuosi per la crescita e lo sviluppo, oltre che a garantire e tutelare elementari principi di giustizia. E’ per questo motivo che il Partito Socialista Italiano, in questo Congresso, non può che prendere un impegno per la promozione di un “Piano nazionale per i servizi alla persona” che preveda una serie di misure volte ad abbattere definitivamente gli ostacoli strutturali alla crescita dell’occupazione femminile e al suo miglioramento, tramite l’eliminazione di qualsiasi “soffitto”. Il “Piano”così, risulterebbe non solo un valido strumento per la crescita economica di una Nazione dinamica, che non andrebbe più “a due velocità”, ma sarebbe altresì propedeutico all’altra “battaglia” che programmaticamente questo partito dovrebbe affrontare e porre tra le sue priorità: l’applicazione dell’art. 49 della Costituzione, ovvero la trasformazione dei partiti in organismi definitivamente democratici. L’attestazione di regole certe e chiare stabilite in statuti dovrebbe prevedere anche l’affermazione concreta della possibilità di partecipazione massiccia delle donne alla vita politica del Paese, che sarebbe un passo fondamentale per la costruzione di una cultura e di una politica realmente progressiva e avanzata. Senza interventi strutturali però questo non sarà possibile, a dispetto di qualsiasi dichiarazione di principio.
Dunque, in tutti i settori della società – dall’economia alla politica – E’ TEMPO DI DONNE. I partiti socialisti europei lo sanno e contribuiscono a promuovere politiche volte alla loro affermazione; è fondamentale per la Nazione che questo congresso sancisca pubblicamente che anche il Partito Socialista Italiano ne è consapevole e che è la prima forza italiana che ne farà una parola d’ordine per la propria azione politica per il bene del Socialismo e dell’Italia.