mercoledì 14 luglio 2010

Discorso Congresso Socialista - Perugia luglio 2010

«OCCUPIAMOCI DI FUTURO» è il titolo che sintetizza il nostro dibattito congressuale ed è un titolo che personalmente mi entusiasma.
Ma per sviluppare questa nostra ispirazione sul futuro, bisognerà occuparsi di PRESENTE: ci proverò, consapevole però che si tratta, nello stesso tempo, di un’operazione facile e difficile.
E’ facile perché articolare un ragionamento sull’analisi di tutti i temi irrisolti e le questioni aperte della politica italiana è forse un’operazione un po’ lunga, ma piuttosto semplice. Le questioni sono tutte là, all’ordine del giorno dei dibattiti televisivi o delle denunce dei partiti d’opposizione o di semplici cittadini.
E spesso questi temi sono lì da anni e in molti casi non hanno ancora trovato una soluzione soddisfacente.
Farò un esempio per tutti: la parità, o meglio, la disparità di genere.
“È tempo di donne”ho detto e scritto recentemente. Già, sarebbe tempo di donne, ormai; sarebbe il tempo in cui le donne, fuori da ogni logica di quota, crescessero in importanza nella società. Sarebbe ormai tempo che tutti i soffitti di cristallo o vetro vengano sfondati; che l’uguaglianza e la parità tra i generi, sancita dalla Costituzione, non fosse, nei fatti, disattesa dalla Nazione; sarebbe tempo ormai che questo 46% di occupazione femminile – che ci rende simili solo al Messico e alla Turchia, secondo le stime dell’OCSE – si adeguasse a quel 60% che è la media europea e l’obbiettivo posto dalla strategia di Lisbona.
Raramente tema è stato più dibattuto a livello nazionale e internazionale, sul piano teorico e su quello politico; eppure questa, che è una questione che risponde ad un elementare principio di giustizia – peraltro sancito dall’art.3 e dall’art. 37 della nostra Costituzione, che, tra l’altro, riconosce il valore sociale della maternità – non riesce a trovare soluzione.
È così difficile – chiedo – che un partito laico, progressista, socialista, si faccia carico con una parola d’ordine chiara, inequivocabile, esplicita della soluzione del problema? E non per un fatto di benevola condiscendenza, ma per rimettere in moto una società vecchia, come quella italiana, che va appunto a due velocità, quella degli uomini e quella delle donne. Da anni l'Italia cresce poco o nulla. Cresce poco dal punto di vista economico e cresce ancora meno dal punto di vista demografico (soprattutto se escludiamo l'immigrazione). I due fenomeni sono già adesso collegati. Ma lo saranno ancora di più in futuro: una società "vecchia" non ha i muscoli per correre, non ha il fiato per tenere il passo con società più giovani e dinamiche. Per rilanciare la crescita dell'Italia si possono e si devono fare molte cose: liberalizzazioni, mercati più efficienti, un fisco più leggero per imprese e lavoratori, più incentivi per ricerca e innovazione, più sostegno per i figli e così via. Ma "far largo alle donne", dare più spazio alle loro aspirazioni, ai loro talenti, ai loro bisogni farà ripartire l’Italia e la farà tornare a crescere e a crescere bene. E questo non lo dice Maria Squarcione, ma lo dimostra l’esperienza di società avanzate, come quella nipponica e statunitense, che promuovendo un’agenda di cambiamenti strutturali che rilanciano l’occupazione femminile, la cosiddetta “womenomics”, ha prodotto una serie di risultati economici estremamente soddisfacenti: l’emersione di nuovi talenti e quindi un arricchimento esperienziale per tutti; l’aumento dei consumi “rosa”, cioè la conquista di nuove fette di mercato; la creazione di un volano per lo sviluppo dell’artigianato terziario (cioè tutti quei servizi alla persona che, in Francia, hanno trovato la loro cornice politica in un “Piano dei servizi alla persona” che ha condotto quella nazione, in pochi anni, ad essere la prima in Europa per natalità). Anche noi abbiamo un piano sociale nazionale, ma mentre nel resto d’Europa, più le donne lavorano, più si sentono soddisfatte e più le famiglie sono stabili, più cresce la natalità, in Italia, più le donne lavorano, meno fanno figli, meno possono fare figli.
Allora, “occuparsi di futuro”, visto che dichiariamo di volercene occupare, COINCIDE CON UNA CAPACITA’ PROGETTUALE ADULTA E CONSAPEVOLE e con l’idea che questo partito è innanzitutto il PARTITO DELLA SOCIETA’ TUTTA INTERA, di un’idea di SOCIETA’ UNITA – e non divisa dall’appartenenza al genere o a una regione del Nord o del Sud – RAZIONALE, dove il merito sia misurabile, sia un criterio di concretezza e di metodo e non un vuoto clichè che si ripete per propaganda; EFFICIENTE, dove siano banditi gli sprechi della Pubblica Amministrazione, come l’iniquità di un sistema giudiziario da riformare.
Anche se abbiamo deciso di occuparci di futuro, spesso questo partito parla al PD, al passato o a se stesso. Ora, parlare al PD, valutando le risposte che il suo segretario a questo congresso NON ha dato, forse non serve ancora a molto; parlare al passato è utile nei termini dell’attivazione di un sistema identitario di rispecchiamento; parlare a noi stessi, sarebbe utile qualora da questo congresso esca non solo una dichiarazione d’intenti – “occupiamoci di futuro” – ma un chiaro impegno fattivo che finalmente prefiguri un’idea di NAZIONE LAICA, UNITA, un’idea di SOCIALISMO RAZIONALE. È questo che ci aiuterà a conquistare consenso e voti. Perché sono convinta che in questo momento i socialisti vogliano esserci, contare, vincere, attuare insomma la propria UTOPIA.
Certo. È una sfida. Personalmente mi auguro di vincerla con voi.