martedì 6 dicembre 2011

Per amore dell'Italia

Il video di radio radicale realizzato a Fiuggi il 3 dicembre 2011

lunedì 5 dicembre 2011

Per amore dell'Italia

Questa bella occasione di incontro e di scambio giunge in un momento delicatissimo per la nostra Nazione: giunge all’indomani di un’epoca caratterizzata da una pratica di confronto e di azione politica gladiatoria e che l’attuale stile di governo ha, spero definitivamente, fatto tramontare. É molto opportuno quindi che in questo nuovo e quasi improvviso clima si torni finalmente a ragionare con competenza e pacatezza - per amore dell'Italia appunto, così come recita il nostro slogan - poiché il momento così delicato lo impone assolutamente. 
Noi socialisti oggi qui lo facciamo chiamando a raccolta tra i migliori politici e intellettuali del nostro attuale panorama, ragionando non solo su una crisi economica e finanziaria senza precedenti almeno per l’Europa, ma anche su una crisi sociale, culturale e politica che, almeno in Italia, ha, anche questa, pochi precedenti. Basti ricordare solo alcuni fatti: che il 48% degli italiani ha la terza media e che, come ci ha ricordato il noto linguista Tullio de Mauro, il 71% della popolazione non è in grado di decodificare un testo di media difficoltà, scritto in italiano. Dati questi non nuovi, ma che non hanno fatto mai scattare l’emergenza nazionale, così come dovrebbe essere. Bene il presidente Monti poco ha detto dell’Istruzione. Ma d’altronde poco ha detto di tutto. E ha fatto bene, per non continuare ad alimentare quella nevrosi permanente gestita ad hoc dai media, che investe l’Italia da oltre un decennio. Ma noi socialisti sappiamo che oltre all’abbassamento dello spread finanziario, per far ripartire la Nazione c’è l’urgenza dell’abbassamento dello spread culturale, che i due aspetti vanno di pari passo; che non ci sarà ripresa economica se non ci sarà ripresa culturale, che le nostre vere risorse stanno nella cultura, nell’istruzione, nella tutela dell’ambiente, nella valorizzazione del turismo, nello sviluppo dello sport. 
É anche su questi terreni che dovremo misurarci, che significa che dovremo misurarci sul terreno dell’avanzamento della civiltà nazionale ed europea. Perché vedete cari compagni, sono decenni e decenni che siamo concentrati sullo sviluppo economico e su un’idea di benessere misurati dal PIL, mentre ci dimentichiamo che il nostro vero diritto è quello che sta scritto in molte costituzioni e in molte carte dei diritti, cioè la felicità, una felicità fatta di pace, di pace sociale, di progresso culturale, del diritto a vivere e a crescere in un ambiente sano, da preservare per le generazioni future, del diritto a vivere sani e a sviluppare liberamente la nostra socialità. Non ci sono questi elementi tra gli indicatori del PIL, perché il mondo è cambiato ed è cambiato velocemente. 
A chi tocca disegnare un mondo diverso? A chi tocca prefigurarlo e saperlo gestire? Storicamente è toccato ai socialisti. E’ toccato ai socialisti governare politicamente i cambiamenti dei due secoli che ci hanno preceduto. Oggi può toccare ancora a noi, che abbiamo nel dna, perfino nella radice del nostro nome - “social” - le ragioni della nostra attualità. Oggi tutto è “social”, ma oggi la socialità non prescinde dai singoli, come nel secolo scorso quando era legata all’appartenenza degli individui alla classe sociale, ferma, stabile, omogenea. Oggi è il contrario: le relazioni interpersonali creano le reti e le reti creano l’opinione pubblica. Sono perciò i socialisti che storicamente hanno lottato per far prevalere il benessere dei molti sul privilegio dei pochi i primi candidati ad interpretare la nuova società fatta di nuovi bisogni e di nuove aspettative, a patto che siano in grado di scardinare le retoriche cristallizzate che incrostano questa nazione; che siano in grado di innescare un moltiplicatore virtuoso - riforme a costo zero, quante se ne potrebbero fare - che indichi non solo i sacrifici da fare, ma in che direzione farli, qual è il progetto. É quella “rivoluzione dolce” che solo i socialisti possono fare e che io mi auguro di fare insieme a voi.

martedì 13 settembre 2011

Scuola: emergenza nazionale

Plaudo agli sforzi di autopromozione e di promozione del partito da parte del segretario Nencini, che mai come in questo periodo, appare sulle reti televisive nazionali e sui manifesti delle grandi stazioni.
Plaudo, ma nello stesso tempo mi preoccupo. Perché i pur lodevoli sforzi profusi dal segretario e dal partito tutto rischiano di non sortire il pieno risultato di visibilità e di promozione del partito che, non dimentichiamocelo, ha bisogno di passare dall’1% di consensi almeno al 4%, se non emerge con chiarezza “il fisico”, “il carattere” e lo “stile”, in buona sostanza “la personalità” del nostro partito, così come Jacques Seguelà ha insegnato a tutto il mondo.
“Non c’è bisogno – diranno alcuni – perché tradizionalmente noi siamo il partito del lavoro”. Si, ma nel 21° secolo non è possibile parlare di lavoro se non si affronta la questione della centralità della scuola, della formazione, dell’università e della ricerca scientifica. Un dato per tutti: il 48% degli italiani di età compresa tra i 24 e i 65 anni – e che corrispondono a circa 16 milioni di cittadini e cittadine in età lavorativa - ha al massimo la licenza media, mentre la media UE è al 29%. Dovrebbe bastare questo dato a far scattare immediatamente l’emergenza scuola e formazione e a far balzare al primo posto, nell’agenda di una nazione evoluta e pronta alle sfide culturali ed economiche del mondo globalizzato, l’urgenza di misure in favore della lifelong learning, cioè della formazione permanente in favore degli adulti. Già, perché parlare di lavoro nel 21° secolo implica mettere al centro delle strutture organizzative il capitale umano: solo chi non avrà mai smesso di imparare sarà in grado di competere, sarà capace di tenersi al passo con un futuro tecnologico sempre più complesso, contribuendo così al proprio personale benessere e allo sviluppo economico del Paese intero.
Dunque, impegnamoci pure per definire sempre meglio la fisionomia di un partito dedito alla battaglia sul lavoro; ma impegnamoci altresì ad attribuirgli un connotato fortemente orientato al contrasto nei confronti dell’abbandono scolastico precoce, obbiettivo che condividiamo con l’Europa e che è il primo fondamentale tassello per il rilancio della scuola e dell’occupazione italiana del Terzo Millennio.

lunedì 7 marzo 2011

Risorgimento e socialismo tricolore

Il Risorgimento italiano, oltre ad essere stato uno straordinario moto di uomini e donne verso l’indipendenza politica e la libertà individuale è stato anche il primo grande tentativo di fondare, in Italia e in epoca moderna, una “filosofia civile”. Costituì cioè la volontà di attualizzare in una concreta azione storica l’antico sogno di libertà e di unità presente da secoli nella cultura italiana, orientandolo secondo una precisa idea di società, che prevedeva la nascita di una civiltà basata sull’intelligenza, sul merito, sulla laicità.
Ancora oggi noi dibattiamo i temi che furono di quella stagione: le forme di “incivilimento” di una società statica; le modalità di gestione dell’unità nazionale; le pratiche di una trasformazione politica. Ancora oggi un grande insegnamento ci deriva da quell’epoca: l’edificazione di un progetto “dell’uomo di fatto”, definito anzitutto alla luce del suo radicamento nel tessuto sociale-politico della storia, quale matrice originaria di ogni possibile mutamento.
Noi, oggi, con questa festa, vogliamo testimoniare anche che la riflessione politica sulle radici della nostra storia e della nostra identità ha una sua concreta destinazione sociale nel presente; vogliamo testimoniare che si possono riannodare le fila di un discorso, mai interrotto, nato ieri, per dare soluzioni alle problematiche di oggi, come la natura dell’identità nazionale di fronte a modificate istanze di cittadinanza o la declinazione di un’ipotesi di unità federalista. Questi temi, così attuali, i cui orientamenti primari furono affrontati in quegli anni, testimoniano che è nel Risorgimento che troviamo le radici del rinnovamento storico della coscienza civile italiana.
Come testimonia questa iniziativa, il “socialismo tricolore”, al pari di una moderna “filosofia civile”, si propone come il luogo della definizione, ideale e politica, di un rinnovato senso della Nazione, che necessita urgentemente di essere elaborato e fattivamente declinato alla luce dei più macroscopici fenomeni sociali, come sono la presenza ormai di generazioni di “nuovi italiani” o l' emigrazione delle nostre risorse più giovani e dei nostri più qualificati talenti. Insomma il luogo per ridefinire il senso del merito, della cittadinanza, dell’appartenenza, della responsabilità.
Come nel Risorgimento, siamo tutti chiamati a questo compito: sta a noi accettarlo e farne un nuovo vessillo di nazionalità.

Risorgimento, giovani e socialismo tricolore

Il Risorgimento oggi parla soprattutto ai giovani. Parla infatti di giovani che hanno dato voce ad un intero popolo, hanno raccolto un’eredità storica e culturale e hanno “parlato” la lingua comune della libertà e dell’indipendenza.
Certo, si trattava di un concetto di popolo elitario e minoritario, come molta della storiografia ha giustamente dimostrato, ma un fatto non può essere cancellato: la lezione che una generazione ha dato all’Italia è rimasta indelebile e le sue conquiste, definitive.
Il Risorgimento è stata una guerra, carica di contraddizoni, come tutte le guerre, e fatta da uomini, certo non perfetti; ma se noi oggi siamo un popolo, lo dobbiamo ai giovani che hanno creduto in un progetto e per quello hanno spesso sacrificato le proprie vite, combattendo armati di fucili vecchi e travolgendo eserciti professionali e ben organizzati.
Questi giovani dunque, ci raccontano di una nazione nata dal proprio sacrificio, di vite che hanno anteposto l’urgenza di consegnarci la terra sulla quale noi oggi viviamo alla propria sopravvivenza individuale, terra che, come dice Benigni, è talmente libera che possiamo permetterci – con un paradosso inaccettabile - anche di non festeggiarne la ricorrenza. Quella generazione ci insegna ancora oggi che i destini individuali possono essere inscritti in una logica che non prevede la possibilità di investire solo su ciò che ci è immediatamente e singolarmente utile; ci dice, ancora oggi, che è possibile un’epopea basata su un sogno, che per quella generazione era l’unità territoriale. Un sogno ereditato dal passato che ci consegna, nel presente, una nazione che è il risultato anche di quelle scelte.
Infine, quei giovani ci dicono che vale la pena investire su questa nazione; non tanto e non solo “in memoria” della nostra comune e straordinariamente ricca tradizione culturale, ma soprattutto perché noi siamo un popolo, ed essere un popolo significa, come ci dice il movimento risorgimentale nel suo complesso, essere una scelta e un progetto per il futuro.
Oggi come ieri, è sulle nuove generazioni che più di tutti ricade l’onere di un progetto collettivo, la responsabilità della costruzione del futuro, l’impegno per la realizzazione di un’ipotesi. Il socialismo tricolore è la cornice più adatta per questo sforzo, perché si delinea come la prospettiva di un felice incontro tra istanze di progresso sociale e promozione dei diritti individuali, in armonia con la valorizzazione delle migliori tradizioni democratiche della nazione. E tutti noi, ora, in queste giornate, vogliamo testimoniare, come accadde nel Risorgimento, la volontà di non lasciare soli i nostri giovani nella responsabilità di trasformare le difficoltà in opportunità e di far parlare, ancora una volta, alla nostra nazione, il linguaggio comune dell’unità, della libertà e del progresso.

domenica 27 febbraio 2011

Ancora sulla scuola: comunicati e proposte

COMUNICATO:
Ancora una volta le parole del premier e di componenti del governo, che come proprio dovere istituzionale dovrebbero tutelare e garantire il buon funzionamento della scuola pubblica, risultano invece drammaticamente e paradossalmente ostili. Le critiche generiche e infondate nei confronti degli insegnanti che inculcherebbero negli studenti idee diverse da quelle desiderate dalle famiglie confermano la pervicace azione demolitrice dell'attuale governo nei confronti di qualsiasi elemento che riguardi il "pubblico", giudicato pericoloso ed inefficiente, rispetto al "privato", libero ed affidabile. Si tratta, oltre che di una interpretazione inaccettabile nei confronti dell'organizzazione scolastica italiana già così in sofferenza, anche di una lettura che denota un arcaico carattere pre-culturale ed una finalità eversiva e destabilizzante verso istituzioni che fanno dello Stato italiano un Stato democratico.

PROPOSTA:
1)- Un sistema organizzativo per essere tale deve essere in equilibrio: la riforma- Gelmini rende squilibrato il sistema della docenza universitaria, precarizzando il ruolo di ingresso, cioè quello dei ricercatori, i quali, pur essendo i soggetti più deboli del sistema, perdono qualsiasi tutela, essendo sottoposti ormai per legge al tenure-track: contratti a termine (3+3 anni), alla conclusione dei quali, se il ricercatore non viene riconosciuto idoneo dal proprio Ateneo, deve interrompere definitivamente la propria carriera universitaria. Si propone l'abrogazione di questa norma, per ricondurre i ricercatori a pieno titolo nei ruoli accademici, dopo una selezione che preveda un iter accademico rigoroso e certificabile e che si concluda con un concorso che premi i migliori, tenendo conto dei risultati scientifici raggiunti e della "garanzia" nei confronti del candidato, espressa da uno o più professori ordinari, tenuti a rispondere dell'operato dei ricercatori assunti.
2)- Si propone l'inserimento, nel meccanismo di reclutamento e di promozione dei ruoli docenti, un dispositivo che preveda una specifica "assunzione di responsabilità" da parte dei professori associati nei confronti dei ricercatori, dei professori ordinari nei confronti degli associati e di ordinari italiani e stranieri nei confronti degli ordinari che favorisca la valutazione periodica dei docenti universitari di ogni ordine e grado e che incida direttamente sull'erogazione di fondi e sulla progressione di carriera sia dei garanti, sia dei docenti che vengano valutati.
3)- Si propone una riforma della scuola media che dovrebbe prevedere due settori: il primo, ampliato a cinque anni – dagli 11 ai 15 compresi - in grado di delineare la vera fisonomia culturale di base di tutta la popolazione, grazie al trattamento omogeneo di ogni sapere, gestito con gli strumenti più avanzati, in un tempo scolastico ampio, ancora strutturato in classi. Assicurata una solida formazione di base, questo approccio olistico alla persona si dovrebbe specializzare nei tre anni seguenti - dai 16 ai 19 compresi - secondo modalità più vicine alla dimensione universitaria. Sarebbero utili infatti, nei tre anni successivi delle "scuole medie superiori", piuttosto che semplificazioni, lo smantellamento della strutturazione in classi e l'organizzazione della didattica in corsi, secondo un impianto strutturato su materie prevalenti e sussidiarie.

domenica 13 febbraio 2011

Reati, non peccati

E' quello che avrei voluto sentire levarsi forte e chiaro dalla piazza di Roma e delle altre città italiane, oggi. E invece niente. E invece abbiamo ascoltato l'autorevole suora o la nota attrice, ma nessuna che abbia detto con chiarezza: "L'autodeterminazione della donna non è in discussione. L'autodeterminazione non è un elastico che può essere tirato solo quando fa comodo. O c'è o non c'è. E per ogni persona, c'è. E vale per la donna che decide di abortire, come per quella che invece di fare la cameriera preferisce viaggiare su un Cayenne, parcheggiato all'Olgettina. Noi oggi siamo qui perché non siamo d'accordo sui criteri di selezione della classe dirigente di questo Paese, che prevede che solo chi fa parte di certi entourage possa accedere alle cariche pubbliche, alla faccia della preparazione e del merito. Noi siamo qui perchè vogliamo che i partiti diventino luoghi democratici, con regole chiare e trasparenti, in ossequio al dettato costituzionale. Noi siamo qui perché rivendichiamo il nostro diritto ad essere pienamente responsabili di noi stesse e delle nostre scelte, qualsiasi esse siano; perché non intendiamo più essere gregarie di nessuno, tantomeno di quegli uomini che magari oggi sfilano con noi e ci appoggiano, tranquilli del fatto che, una volta finita questa manifestazione, tutto tornerà come prima, perché nessun attentato è stato realizzato al loro potere, nessun tema di fondo è stato aggredito. Noi siamo qui perché rivendichiamo il diritto/dovere di intervenire su tutti gli argomenti che riguardano questo Paese, e non solo su quelli de "il corpo delle donne".
Certo, quando c'è di mezzo "il corpo delle donne", il discorso si fa delicato. Ma quello riguarda molto più la tratta, la riduzione in schiavitù o certe immagini pubblicitarie e meno, molto meno la logica sottesa ad un cosiddetto stile di vita del "lavoro-guadagno-pago-pretendo", che prevede che un vecchio ricco ultrasettantenne si contorni di giovani donne e giovanissime per riempire il proprio tempo ludico. Di questo ne sono personalmente disgustata, ma non lo giudico moralmente. Come non giudico le decine e decine di coppie scambiste o le studentesse e casalinghe che numerose oggi in Italia si prostituiscono per libera scelta. Per farla breve, non sono affatto interessata ai costumi sessuali di nessuno, al di fuori dei miei e di quelli dei miei eventuali partner. E siccome ho introiettato i valori un po' ottocenteschi del decoro, della decenza e della riservatezza, rimango inorridita quando dei propri costumi sessuali se ne fa pubblico uso e quando pubblicamente questi vengano usati. Anzi, mi sembra davvero una violenza inaccettabile. Mi auguro dunque che, qualora veramente esistano foto intime del "premier", queste non vengano mai pubblicate. Mi sentirei a disagio per il suo disagio, esattamente come mi ci sento quando osservo in televisione alcune esibizioni che offendono palesemente il mio senso della dignità della persona. In quelle circostanze cambio canale o osservo per cercare di capire in che mondo vivo. Ma senza giudicare la libera scelta di giovani e belle donne che liberamente usano il proprio corpo e decidono di entrare in un meccanismo che, per definizione, le usa per come appaiono e non per quello che "sono". Di solito, di fronte a tutte queste manifestazioni e a molte altre infinitamente più pornografiche (la faccia di Signorini mentre intervistava Ruby, ad esempio), penso che anche per il mondo dello spettacolo potrebbero esserci regole che rimandano alla capacità artistica, così come per il mondo della politica dovrebbero esserci regole che rimandano alla costituzione. Ma quello che mi rende davvero spaesata in questa melassa che mischia tutto senza mettere a fuoco niente è l'inevitabile ricorso ai valori cattolici: in questa Italia secolarizzata, e non da oggi, l'opposizione perde ogni occasione per evitare di scandalizzarsi moralisticamente e di "chiedere permesso" alla Chiesa per alzare la voce, preferendo questo ad una chiara affermazione laica del dovere di perseguire reati e non giudicare i peccati.

giovedì 10 febbraio 2011

Saluto ai compagni siciliani per il convegno su "La scuola, risorsa democratica del Paese"

Care compagne e cari compagni,
mi giunge particolarmente gradito questo vostro invito ad una manifestazione così ampia, che vede coinvolte istituzioni e interi settori politici e scolastici della Regione Sicilia.
Questo convegno ha il grande pregio di riportare l’attenzione sul problema caratterizzante questo periodo storico: la funzione di promozione democratica svolto dall’istruzione pubblica. Ci interroghiamo cioè come e in che misura la scuola italiana ha interpretato e interpreta il dettato costituzionale del diritto allo studio. E la coincidenza di questa riflessione con l’anniversario dell’unità della nazione , la carica di valori aggiuntivi che riguardano la necessità di ripristinare un dialogo forte con i giovani, una comunicazione interrotta tra le generazioni, anche attraverso la riflessione sull’attualità del messaggio risorgimentale.
Nessun partito, più e meglio del nostro, può assolvere a questo compito. Solo un partito autenticamente laico può rivendicare l’equità e l’imparzialità di istituzioni che – la scuola pubblica più di tutte – hanno il compito di accogliere, valorizzare e armonizzare le differenze, senza marginalizzarle e criminalizzarle; solo un partito autenticamente progressista può interrogarsi sul costante rinnovamento di una istituzione come la scuola che, per sua mission, deve intercettare i mutamenti strutturali della società e trasformarli in elementi positivi di crescita comune; solo un partito orientato al futuro, ma con radici molto solide e ben piantate nel passato può intervenire sul presente per rivendicare la centralità di un’istituzione deputata oggi alla formazione critica di generazioni che domani saranno chiamate a costituire una cittadinanza attiva e consapevole, in grado di affrontare una società sempre più complessa.
Vi auguro dunque buon lavoro, impegnandomi a mantenere vivo, finchè avrò l’onore di ricoprire questo incarico, un dialogo aperto e costruttivo con tutte le componenti del partito che vorranno confrontarsi su questo tema, attraverso periodiche iniziative pubbliche, nell’auspicio di costruire un percorso utile ed efficace per questo partito e per l’intera nazione. Il mio auspicio sincero è quello di farlo insieme a voi
Maria Squarcione
Responsabile nazionale scuola
Partito Socialista Italiano