martedì 5 giugno 2012

Riccardo Lombardi: per una società diversamente ricca

Riccardo Lombardi:"Socialismo o barbarie.Per una società diversamente ricca"http://www.youtube.com/watch?v=wHsCJ4O13KU

Riccardo Lombardi: per una società diversamente ricca

L’occasione di attualizzare il pensiero politico di Riccardo Lombardi che ci si presenta oggi è particolarmente opportuna proprio in un momento storico nel quale si dibatte molto sull’ipotesi del nostro incontro – “una società diversamente ricca” – cioè sulla validità del concetto stesso di vivibilità della società occidentale odierna. 
Si dibatte per esempio, come dimostra una indagine del Sole 24 Ore del 2009, sulla validità e sull’ adeguatezza dell’indice PIL, in relazione ad un altro indice, il BIL, che sia in grado di misurare il benessere, lo sviluppo e la qualità della vita di una nazione. Il Benessere Interno Lordo, al contrario del PIL, parte dal presupposto che non sia solo il denaro l’unico fattore determinante per qualificare il livello di vita delle persone, ma che si debbano inserire almeno altri otto fattori, quali le condizioni di vita materiali, l’istruzione, la salute, le attività personali, la partecipazione alla vita politica, i rapporti sociali, l’ambiente, la sicurezza economica e fisica. Da quella ricerca, è emersa una mappa del BIL di ogni singola provincia italiana che, rispetto al PIL, proponeva un’immagine d’insieme molto diversa della nostra Nazione, un’immagine molto più “sofferente”, se pensiamo che lo scarto sfavorevole tra i due indici, per esempio nella provincia di Roma, era di circa 74 punti percentuali, su una base 100. E quali erano i dati che portavano a questa maggiore “sofferenza”? beh, non bisogna essere necessariamente esperti economisti o famosi editorialisti del Sole 24 Ore per sapere con certezza che almeno due fattori, la formazione nel suo insieme – includendo la scuola, l’università, la cultura, il diritto alla formazione permanente, i servizi culturali – e la bassa percentuale del lavoro delle donne e dei giovani, fanno scendere, e di molto, il tasso del BIL. 
Ricordiamoci che “il fattore D”, cioè il fattore “donna”, o meglio la carenza di fattore “d” che, per quanto riguarda l’occupazione, in Italia, si attesta ad un 46%, secondo le più recenti stime dell’Ocse, che ci rende simili solo al Messico e alla Turchia, sarebbe necessario per la ripresa dell’intera economia italiana, della quale rappresenterebbe un positivo volano di sviluppo, se si trasformasse in un 60% che è la media europea e l’obbiettivo della “Strategia di Lisbona”. E questo non solo per rispondere ad un elementare principio di “opportunità pari”, peraltro sancito dalla nostra Costituzione, ma anche, come dicevo prima, per far tornare a crescere l’Italia, come dimostra l’esperienza di società occidentali più avanzate, dagli Stati Uniti al Giappone, che promuovendo un’agenda di cambiamenti strutturali che rilanciano l’occupazione femminile, hanno dato vita a quella che viene definita la “Womenenomics”, che ha favorito l’emersione di nuovi talenti femminili, con il relativo aumento di consumi che hanno aperto nuove fette di mercato, per esempio nel settore dell’artigianato terziario, relativo ai servizi alla persona. Per non parlare di una società vecchia, come la nostra che, se non fa largo ai giovani e non favorirà l’aumento delle nascite attraverso il supporto al lavoro delle donne, non avrà gambe per correre e per competere con un mondo giovane e globalizzato. 
A questo proposito, dunque, torna il mònito di Lombardi, che già nel 1976 proponendo l’alternativa socialista come unica possibilità di uscita riformatrice dal capitalismo, in opposizione al centrosinistra e al compromesso storico, presagiva una società che prevedesse la riduzione delle disuguaglianze attraverso un diverso assetto del lavoro e del consumo che, in quegli anni, si definiva nei termini della piena occupazione; che prevedesse una diversa cultura e struttura economica che tenesse conto anche della qualità dell’ambiente, dell’interesse collettivo, dove per collettivo si intendeva anche la qualità della vita dei lavoratori che ne fanno parte, di una società insomma che fosse orientata ad una trasformazione culturale per la quale il fine della vita non è l’accumulazione di ricchezza fine a se stessa, ma un giusto equilibrio tra vita lavorativa, vita affettiva e sviluppo culturale dell’essere umano per una società non più ricca, ma “diversamente ricca”. 
Molto opportuno dunque questo rientrare sulle tesi lombardiane, proprio quando tutto in Italia sembra congiurare contro di esse, contro gli aspetti che ho appena accennato e che mi sono parsi quelli più attualizzabili del suo pensiero. 
Al contrario di quello che accade in Europa, dove Hollande e il suo “Socialismo della realtà” trionfano e trionfano anche in nome del fatto che, come ha dichiarato il presidente francese, «la scuola è il fondamento della Repubblica», «è il fondamento del nostro patto democratico». Bene. Si tratta di una dichiarazione che può essere assunta così, integralmente, anche dai socialisti italiani, anche da tutti quei socialisti che si ispirano ad una “ragione” laica, che punta al merito, ad un merito concreto, misurabile, e che tanto per cominciare deve partire da una prima e fondamentale battaglia, peraltro condivisa con l’Europa: l’abbattimento drastico del tasso di abbandono scolastico precoce. Si tratta del primo e fondamentale tassello per il rilancio della scuola e dell’occupazione italiana del Terzio Millennio. La dispersione scolastica, che riguarda persone tra i 18 e i 24 anni che hanno un’istruzione secondaria inferiore o elementare e che non sono più in formazione, è un fenomeno che in Europa riguarda più di 6 milioni di giovani, pari al 14,4% della popolazione. In Italia questa percentuale sale al 19,2%, secondo una ricerca dell’Isfol del 2011. Un tasso che l’Italia condivide con paesi come la Romania, Malta, Portogallo, Cipro. Una pecentuale che l’Unione Europea ha deciso, nella strategia “Europa 2020”, di abbattere al di sotto del 10%, per rompere il circolo vizioso della esclusione sociale, della povertà e della miseria e per favorire una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Così come direbbe forse oggi Riccardo Lombardi, in una società globalizzata che non poteva prevedere, ma che, grazie ad una moderna “alternativa socialista”, deve poter essere “diversamente ricca”.