mercoledì 7 gennaio 2009

de-regulation: delle biblioteche e dei diritti lesi

La notizia come al solito è di quelle di nicchia: la biblioteca nazionale centrale di Roma semplicemente chiude un servizio - la distribuzione pomeridiana, tutta la ditribuzione per tutti i pomeriggi della settimana - come si può leggere da un comunicato preso dal sito della biblioteca http://www.bncrm.librari.beniculturali.it/ita/distribuzione3.html.
Ora, nonostante le promesse dell'attivazione di un sistema on line di prenotazione e l'incitamento nei confronti dell'utenza a far pressione affinchè i tempi di realizzazione del suddetto sistema siano i più brevi possibile, stupisce che un servizio fisiologico e di primaria importanza per una biblioteca (non soffermiamoci poi sullo scandaloso dettaglio che trattasi solo della nazionale di Roma) sia stato affidato ai volontari del servizio civile, che dovrebbero essere destinati solo a compiti di "affiancamento e supporto", come recita l'apposito regolamento. Stupisce altresì che in questa nazione non esista una cultura del servizio - almeno quello pubblico - tale da rendere ovvia la considerazione che i servizi culturali abbiano lo stesso livello di priorità degli altri servizi sociali, fino a quelli sanitari. Stupisce che non ci si renda conto e non si dia il giusto peso al fatto che la chiusura in blocco di un servizio culturale rappresenti semplicemente la menomazione di un diritto ancora garantito costituzionalmante: il diritto allo studio. Certo, siamo fra le poche nazioni che ancora non hanno trasformato in legge l'indicazione europea sulla tutela del diritto alla formazione permanente degli adulti, la cosiddetta lifelong learning. E' chiaro che senza servizi culturali - o con servizi che coincidono con l'orario di apertura degli uffici - sarebbe difficile attuarla una legge, qualora ci fosse. Insomma manca la legge, manca la cultura orientata al servizio. Ce n'è abbastanza per farne una battaglia politica che investa molti ambiti e che potrebbe essere lo spunto per correggere e dialogare , nella direzione di "un'amministrazione colloquiale", con l'attuale cultura dei fannulloni.