giovedì 29 ottobre 2009

Brevissimi cenni sulla Riforma-Gelmini

All'indomani della sostanziale approvazione della Riforma Gelmini, l'impressione è che il provvedimento sfiori i problemi di sostanza e colga solo alcuni dei nodi di gestione, ma nulla preveda per un cambiamento vero e proprio del sistema universitario così com'è nelle sue dinamiche di potere e rispetto all'obbiettivo di un maggiore dinamismo interno e di una maggiore osmosi con la società. Prendiamo ad esempio l'annoso tema del reclutamento: l'attribuzione delle abilitazioni a numero aperto a livello nazionale probabilmente non inciderà sul ridimensionamento del nepotismo e dello strapotere dei baroncini universitari, perchè i veri e propri "posti di lavoro", cioè le cattedre, è previsto vengano attribuiti in base a procedure pubbliche di selezione, sempre attivate dalle singole università che, quindi, continueranno a gestirne i criteri.
Nessuna traccia di assunzione di responsabilità autentica da parte dei professori responsabili di ricerche e titolari di fondi nei confronti dei propri precari, nessuna traccia dell'unico vero deterrente per una gestione economica e culturale orientata seriamente al merito: sottoporre TUTTI i docenti a periodici (anche quinquennali per gli associati, anche decennali per gli ordinari) step di valutazione sulla qualità della ricerca e della didattica prodotta. Controllo in grado di mettere in discussione il pane quotidiano: come è noto, questo rimetterebbe in moto non solo una competizione sana all'interno dell'università, che determinerebbe un giovevole ricasco su tutta la filiera della ricerca (se si vuole un buon risultato, bisogna circondarsi di bravi ricercatori, non di yes-man/woman, generalmente mediocri, che non "facciano ombra" e che non siano in grado di attentare nè all'autorità, nè al ruolo del docente di riferimento), ma rappresenterebbe anche il volano per un rapporto più dinamico con il mondo produttivo delle aziende - non solo italiane - e, perchè no, di una pubblica amministrazione di qualità. Insomma, l'università rischierebbe di essere nuovamente non solo luogo di eccellenza culturale, ma addirittura di rientrare nel "ciclo produttivo" della società, fornendo personale qualificato per tutte le esigenze produttive. Certo, questo implicherebbe un grande sforzo da parte dei docenti e delle autorità accademiche tutte che dovrebbero, a tutti i livelli e in ogni disciplina, creare scuole ben riconoscibili, delle quali farsi carico e assumersene pienamente la responsabilità, nel quadro di un ricambio generazionale più rapido, attraverso la sostanziale abolizione del meccanismo del concorso, a favore di un reclutamento personalizzato e mirato al curriculum del candidato e all'obbiettivo della ricerca.
Con questa riforma, indirettamente i docenti di ruolo (associati e ordinari) sono spinti a risolvere la situazione dei propri ricercatori, che sono gli unici che diventano precari. Ad un certo momento o si attiva la famosa procedura pubblica per loro o niente. Chi decide però è sempre tranquillo al prorio posto e l'ipotesi è che eserciti, sui ruoli di entrata nell'accademia, un intollerabile strapotere, proprio per il semplice motivo che "non rischia nulla"...
Niente poi si dice sui famosi criteri di merito: si assimilano le discipline umanistiche ai metodi di quelle scientifiche, ad esempio? Si fa qualcosa - tanto per entrare nel merito - per impedire che, soprattutto in ambito umanistico, proliferino fantomatiche "riviste di dipartimento", fatte apposta per far pubblicare i soliti quattro gatti conosciuti che se non scrivessero sul periodico che editano loro stessi non verrebbero letti mai da nessuno, perchè non passerebbero mai l'esame di referì internazionali? E' possibile immaginare che gli articoli scientifici anche in ambito umanistico possano "fare titolo" solo se pubblicati in inglese o, comunque, su riviste con impact factor? Cosa si fa, oltre a semplificare il numero delle facoltà, per favorire la penetrazione della cultura scientifica in Italia?
Mi sembra che queste, che sono solo alcune tra le problematiche che concretamente vanno ad incidere sulla famosa qualità e sull'altrettanto famoso merito, non vengano minimamente affrontate. Ma attendiamo l'applicazione per verificarne fino in fondo gli effetti....